di Aurora Nina Allegra.
Si è concluso alle ore 11.30 di lunedì 27 novembre l’evento Storie di donne, organizzato dal Comitato Unico di Garanzia in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, svoltosi presso la Cripta di S. Andrea, a Vercelli.
Durante la tavola rotonda, sono stati affrontati diversi temi pertinenti la violenza di genere e l’importanza di un intervento tempestivo e da radicare nel tessuto sociale. Gli interventi sono stati moderati dalla professoressa Serena Quattrocolo del Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze politiche, economiche e sociali UPO (Università del Piemonte Orientale).
Donne rifugiate vittime di violenza di genere e tratta di esseri umani
La Viceprefetto, dottoressa Laura Ferraris, Presidente della Commissione Territoriale per la protezione internazionale di Torino – Sezione di Genova – ha fatto luce su quanto l’immigrazione di molte donne sia animata dalla fuga dalla violenza. Nonostante Paesi e culture diverse, in ogni contesto esiste, in forme diverse, un trattamento disparitario di genere. Gli ultimi anni hanno visto un aumento del 600% di donne provenienti dal Sudamerica, molte di loro in fuga da soprusi, tratta di persone, violenze sessuali, prostituzione forzata, oltre a un fattore esente nel nostro Paese ma ancora dilagante in quei territori: la mutilazione genitale. Esistono ancora Paesi nei quali lo Stato legittima, o giustifica, la violenza sulle donne.
“I centri di accoglienza in Italia devono fare formazione” esorta la Viceprefetto. Una formazione che coinvolga interpreti e mediatori culturali, per saper individuare tempestivamente termini, espressioni o anche non detti che celano un passato di soprusi e violenza.
Violenza di genere: una questione solo femminile? La situazione in Piemonte
La professoressa Sarah Gino, dell’UPO, ha proseguito il dibattito parlando del delicato confine tra violenza sessuale e psicologica. Mediante delle ricerche svolte in collaborazione con la collega, la psicologa Georgia Zara, è emerso che negli ultimi dieci anni, solo nella città di Torino, sono avvenuti 330 omicidi che hanno come vittime delle donne. Nella maggior parte dei casi, si tratta di atti compiuti da uomini con i quali c’era una relazione sentimentale di lunga durata, fino a tredici anni di convivenza. Gli atti criminali sono avvenuti prevalentemente nelle ore diurne, all’interno delle mura domestiche. Questi dati sfaterebbero il mito dell’aggressione notturna ad opera di uno sconosciuto, e punterebbero i riflettori sulla gravità della diffusione della violenza proprio negli ambienti considerati, erroneamente, più sicuri.
In molti casi, la violenza ha inizio durante il periodo della gravidanza. Quel periodo che dovrebbe essere considerato sacro per la donna e il nascituro. Le violenze fisiche e psicologiche, a cui le donne sono assoggettate in questa fase così delicata, produrrebbe l’aborto prematuro nel 7% dei casi e la morte intrauterina nel 1%.
La violenza, dunque, risulta essere presente in ogni luogo. “È fenomeno trasversale, endemico e gravemente sottostimato”, dichiara la professoressa Gino.
Ruolo della consigliera di fiducia come strumento a contrasto della violenza contro le donne in Ateneo
L’avvocata Elena Bigotti, membro del direttivo del Telefono Rosa, ha evidenziato l’importanza di prevedere, in ogni Ateneo, la figura della consigliera di fiducia che accolga, in forma del tutto anonima, segnalazioni di violenza e discriminazione mediante e-mail dirette, con l’obiettivo di guidare chi è vittima verso la presa di coscienza, fino all’atto della denuncia. “Purtroppo – spiega l’avvocata – l’ambiente universitario non è esente da fenomeni di sessismo, che nelle chat WhatsApp trova ambiente fertile”.
Una situazione alla quale gli Atenei possono far fronte mediante codici di condotta regolati e formazione assidua.
Quando la prevenzione fallisce: strumenti penalistici di reazione alla violenza di genere
La relazione conclusiva del convegno, tenuta dalla professoressa Serena Quattrocolo, verte sul tema della risposta penale.
Occorre tenere il passo con il percorso normativo in atto, che solo negli ultimi venti anni ha raggiunto traguardi appena soddisfacenti. Ha ricordato la professoressa che l’evoluzione della legge contro la violenza di genere ha avuto inizio nel lontano 1981, con l’abolizione del delitto d’onore, che giustificava l’assassinio della consorte colpevole di adulterio, poiché questo macchiava la reputazione del marito. Il passo successivo, importante, è stata la legge 66/1996, che prevedeva nuove norme contro la violenza sessuale di genere. Un percorso snodato in quarant’anni, un filo rosso di stragi che giunge fino al 2019, con la nascita del codice rosso.
C’è ancora molto da fare. Tanti sono ancora gli ostacoli che una donna vittima di violenza si trova ad affrontare nel tentativo di chiedere protezione e giustizia. “Esistono differenze tra uffici e assenza di specializzazione degli operatori coinvolti”, spiega la professoressa Quattrocolo. E aggiunge che si rileva una grave sottovalutazione delle denunce e scarsa attenzione alla vittima in sede esecutiva: un quarto dei tribunali di sorveglianza non acquisisce informazioni dalle persone offese, durante accuse di reati di violenza domestica.
L’impegno, con il quale le relatrici concludono, è che questi confronti siano il preludio di nuovi, imminenti cambiamenti e di un re-Agire concreto.
Aurora Nina Allegra